28 aprile
Oggi prima giornata sui Nebrodi.
Finalmente la Pennina si può fare la sua colazione con il cannolo siciliano,
visto che casualmente dove dormiamo c'è anche un laboratorio di pasticceria
incorporato e, consumato il rito, riusciamo a partire tutto sommato di buonora
per affrontare un itinerario descritto su Adagio,
una e-zine di trekking trovata su internet nel corso delle lunghe e faticose
ricerche effettuate in preparazione del viaggio. Tra l'altro il sito è
interessante perchè, al prezzo di una registrazione gratuita che ad oggi
non mi ha procurato alcun fastidio (nè mail non richieste, nè
altro), permette di scaricare i file pdf di tutti gli itinerari descritti.
L'itinerario originale, pensato principalmente per un escursionista pedone,
si propone di attraversare da ovest ad est l'intero parco, ma siccome noi alloggiamo
circa a metà strada, decidiamo di affrontare da est ad ovest le prime
due tappe.
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La strada che ci porta al punto di partenza, la nazionale che va da Cesarò
al mare, sale la montagna con dei bei tornanti affacciati sull'Etna e noi,
giusto per scaldarci le gomme, facciamo una digressione sulla destra verso
un laghetto che si intravedeva nel fitto del bosco. Scendiamo un pochino
ma scopriamo subito che quello che sembrava un laghetto è in realtà
una immensa pozza che allaga la sterrata e impedisce di proseguire. |
Circumnavighiamo la pozza passando su un sentiero lì di lato, ma
comunque anche più avanti si arriva solo in una radura di tagliaboschi,
e allora torniamo indietro. |
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Riprendiamo la statale e, arrivati all'altezza di Portella
Maria, ci gettiamo nella sterrata del giorno. Percorriamo chilometri
e chilometri nei boschi in mezzo alle pietre e, inaspettato, al fango. |
La strada è semplice, ma bella e piena di innumerevoli
piccoli guadi. Secondo noi, questo è un giro che è alla portata
di tutti, e potrebbe essere una ottima palestra per chi è alle prime
armi su una moto da enduro, specie in questa stagione: si sta bene, le strade
sono libere e si incontrano un po' tutti i terreni (terra, roccia, sassi,
sabbia, fango, guadi), senza però ritrovarsi mai in situazioni esasperate
... a meno che uno non se le vada a cercare. |
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Oltretutto i giri più battuti sono anche segnalati
, e si riescono a percorrere realmente decine e decine di chilometri senza
vedere nè uomini, nè auto, nè asfalto. Oddio, ogni
tanto se ne incontra qualche tratto, ma evidentemente non viene preso molto
sul serio neanche dagli allevatori locali... ;o). |
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All'ora di pranzo siamo a Mistretta, ridente località
proprio dietro alla collina che si vede sullo sfondo. |
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Facciamo una breve sosta per un panino e subito ripartiamo alla ricerca della
variante che, partendo sterrata fin dal paese, ci condurrà indietro.
Eccola, lastricata e ben delineata, peccato che man mano che la percorriamo
si dipartono mille bivi e diventa sempre più stretta. Scendiamo sempre
di più e, di colpo, n'g'è più!
Un pezzo di strada è crollata a valle e al suo posto massi
disordinati e fanga, ancora tanta fanga segnata dal passaggio del bestiame.
Nonno Peppe sceglie quel minimo di strada che resta in basso, ma c'è
da risalire un bel gradino (cui la prospettiva della foto non rende affatto
giustizia) ed è una bella impresa. Per il DR si sceglie la fanga sull'altro
lato della "strada" e va un po' meglio.
Continuiamo ma la situazione peggiora ancora, la stradella affonda in
un fiumiciattolo e alla frana successiva, con un dislivello di alcuni metri
da superare, desistiamo. La abbandoniamo e proseguiamo "a braccio"
per i campi. |
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Sembra che più in alto ci sia una strada, o almeno
si intravede una linea che potrebbe essere una strada, e allora dritto per
dritto su una erta incredibile, che nell'ultimo tratto ci da veramente tanta
soddisfazione e decidiamo di fotografare anche quest'ultimo strappetto,
e da ben due angolazioni, ma l'unica cosa che si riesce a capire è
che la strada per diventare bravi fotografi è ancora lunga, molto
lunga (non si vede nemmeno la moto...). |
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Da lì riusciamo effettivamente a riprendere una stradella e dopo bivi
incerti e grazie ad un signore con Jeep che ci dà suggerimenti, rinunciamo
ad imboccare la sterrata per S.Stefano di Camastra (da non confondere con il
S. Stefano vicino a S.Biagio: questo sta al mare) e riusciamo a risalire fino
alla strada già percorsa all'andata.
Rientrando ci fermiamo alla fonte per ricaricare le borracce
, e poi facciamo una breve deviazione a valle verso il lago di Ancipa, ma
la strada si fa subito asfaltata e decidiamo di ritornare in mezzo ai monti,
anche se si allunga un po'. Arriviamo al bivio di portella Scarno e poi
"a palla" sulla strada del ritorno. |
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La Pennina dà il meglio di se per rimanere alle costole
del Nonno;è dura, ma non ci sono nè pozze gigantesche, nè
sassaie con canaloni, nè massi aguzzi che riescano a fermarla. Agli
ultimi metri, però, forse distratta da un eccesso di confidenza per
il traguardo così vicino, o forse per un atto di deferenza nei confronti
del Nonno, stampa il suo sorriso su una pozza di fango dove si spiattella
con grande dignità, riportando ferite solo nell'onore. |
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Alla fine fradici e zozzi, ma soddisfatti, entriamo in paese attraversando
il corso pieno di indigeni vestiti a festa e bighellonanti per la domenica del
villaggio che ci guardano esterefatti.
E' proprio vero: "Sicilia, terra di contrasti"...